Livelli di comunicazione2019-03-22T11:47:34+00:00

Esistono tre livelli di comunicazione: verbale, paraverbale e non verbale.

LIVELLI DI COMUNICAZIONE

Quando comunichiamo, trasmettiamo molto più di ciò che vorremmo dire con le nostre parole: i gesti, la postura, l’intonazione della voce, persino il silenzio possono rivelare emozioni e pensieri, influenzando l’efficacia del nostro messaggio. Esistono tre livelli di comunicazione: verbale, paraverbale e non verbale. La differenza tra chi sa comunicare in modo efficace e chi, invece, non riesce a trasmettere il messaggio nel modo desiderato sta proprio nella capacità di sintonizzare questi livelli. Come si fa? Innanzitutto bisogna conoscere bene tutti i livelli e saperli gestire contemporaneamente.

La comunicazione verbale è costituita dalle parole che usiamo quando parliamo o scriviamo, e normalmente è anche il livello di cui siamo più consapevoli, quello che curiamo con maggiore attenzione.
Quando dobbiamo esprimerci, infatti, cerchiamo di scegliere con cura le parole, adattando il registro al nostro interlocutore: se siamo in un contesto formale, useremo un linguaggio più forbito; se parliamo in un ambito informale, useremo un gergo più colloquiale. In generale, cerchiamo di costruire il discorso in modo che sia chiaro e comprensibile, oltre che persuasivo, e di destare interesse e curiosità nell’interlocutore.

Il secondo livello di comunicazione è quello paraverbale, ovvero il modo in cui diciamo qualcosa. Nella comunicazione orale, gli indicatori sono il tono, la velocità, il timbro e il volume della voce. In caso di comunicazione scritta, abbiamo ad esempio la punteggiatura e la lunghezza dei periodi, elementi che conferiscono al testo ritmo e velocità. Rispetto al primo livello, siamo meno consapevoli di questi aspetti. Se, infatti, è normale preparare un discorso o scegliere alcune parole al posto di altre, è meno usuale decidere il tono di voce o il timbro. Lo fanno i professionisti della comunicazione, mentre i “non addetti ai lavori” usano la comunicazione paraverbale in modo naturale, senza porvi particolare attenzione.

Il terzo livello riguarda il non verbale, ovvero tutto quello che si trasmette attraverso la propria postura, i propri movimenti, la posizione occupata nello spazio rispetto all’interlocutore, ma anche il proprio modo di vestire. Il linguaggio “non verbale” è presente anche quando comunichiamo per iscritto: se scriviamo a mano, la calligrafia o il tipo di carta usato possono rivelare il nostro stato d’animo o la cura che abbiamo posto nel redigere il messaggio; in una mail, il tipo di font, il colore, l’eventuale uso di immagini sono indicatori importanti. Anche in questo caso, non sempre siamo consapevoli di quanto questi elementi rivelino qualcosa di noi e, viceversa, di quanto sia importante saperli leggere per comprendere meglio chi ci è di fronte.

La comunicazione verbale è costituita dalle parole che usiamo quando parliamo o scriviamo, e normalmente è anche il livello di cui siamo più consapevoli, quello che curiamo con maggiore attenzione. Quando dobbiamo esprimerci, infatti, cerchiamo di scegliere con cura le parole, adattando il registro al nostro interlocutore: se siamo in un contesto formale, useremo un linguaggio più forbito; se parliamo in un ambito informale, useremo un gergo più colloquiale. In generale, cerchiamo di costruire il discorso in modo che sia chiaro e comprensibile, oltre che persuasivo, e di destare interesse e curiosità nell’interlocutore.

Il secondo livello di comunicazione è quello paraverbale, ovvero il modo in cui diciamo qualcosa. Nella comunicazione orale, gli indicatori sono il tono, la velocità, il timbro e il volume della voce. In caso di comunicazione scritta, abbiamo ad esempio la punteggiatura e la lunghezza dei periodi, elementi che conferiscono al testo ritmo e velocità. Rispetto al primo livello, siamo meno consapevoli di questi aspetti. Se, infatti, è normale preparare un discorso o scegliere alcune parole al posto di altre, è meno usuale decidere il tono di voce o il timbro. Lo fanno i professionisti della comunicazione, mentre i “non addetti ai lavori” usano la comunicazione paraverbale in modo naturale, senza porvi particolare attenzione.

Il terzo livello riguarda il non verbale, ovvero tutto quello che si trasmette attraverso la propria postura, i propri movimenti, la posizione occupata nello spazio rispetto all’interlocutore, ma anche il proprio modo di vestire. Il linguaggio “non verbale” è presente anche quando comunichiamo per iscritto: se scriviamo a mano, la calligrafia o il tipo di carta usato possono rivelare il nostro stato d’animo o la cura che abbiamo posto nel redigere il messaggio; in una mail, il tipo di font, il colore, l’eventuale uso di immagini sono indicatori importanti. Anche in questo caso, non sempre siamo consapevoli di quanto questi elementi rivelino qualcosa di noi e, viceversa, di quanto sia importante saperli leggere per comprendere meglio chi ci è di fronte.

COME COMUNICARE

Sulla base di uno studio sull’importanza dei diversi aspetti della comunicazione nel trasmettere oralmente un messaggio, lo psicologo e docente universitario Albert Mehrabian formulò il modello del “55, 38, 7”.

Secondo Mehrabian:

  • il 55% del messaggio comunicativo è dedotto dal linguaggio non verbale (gesti, mimica facciale, postura);
  • il 38% dagli aspetti paraverbali (tono, ritmo, timbro della voce);
  • il 7% dal contenuto verbale.

Usare un determinato tono di voce, gestire correttamente gli spazi o mettere a proprio agio l’interlocutore sono quindi azioni che possono rafforzare il messaggio che stiamo trasmettendo con le parole. Inoltre, se i tre livelli non sono allineati daremo all’interlocutore l’impressione di essere poco chiari e coerenti, e saremo poco credibili. Saper armonizzare i tre livelli di comunicazione è fondamentale per comunicare efficacemente in ogni occasione: al lavoro, in famiglia, con gli amici, davanti a una platea di persone.
Tutto questo ci porta a dire che in ogni comunicazione ci sono due aspetti:

DEL CONTENUTO

  • è il livello informativo, la notizia in sé, il dato, il concetto, l’opinione….
  • fa riferimento al che cosa comunichiamo ed è prevalentemente verbale

DELLA RELAZIONE

  • è il significato relazionale che assume la comunicazione
  • definisce le reciproche posizioni relazionali
  • fa riferimento soprattutto al modo in cui comunichiamo ed è prevalentemente non      verbale (implicito)

Questo livello viene definito METACOMUNICAZIONE e veicola all’altro:

  • cosa penso di te
  • come considero ciò che hai detto / la nostra relazione

L’ASCOLTO ATTIVO
L’ascolto attivo presuppone la consapevolezza rispetto a:

  • parzialità delle posizioni: quello che percepisci dipende dal tuo punto di vista e, per riuscire a vederlo, è necessario cambiare punto di vista
  • importanza della collaborazione: per comprendere quel che un altro sta dicendo si può partire dall’assunto che abbia ragione. In questo modo gli si potrà chiedere di mostrarci la sua prospettiva.
  • ruolo delle emozioni come fondamentali strumenti conoscitivi, informando non su ciò che si vede, ma su come si guarda.

I FRENI ALL’ASCOLTO

  • L’indisponibilità (in tempo o in preoccupazione)
  • I pregiudizi
  • L’interpretazione, il giudizio
  • Il temere ciò che verrà detto
  • Il disinteresse
  • La scarsa qualità del messaggio
  • La scarsa qualità della relazione

Per ascoltare bene bisogna: essere disponibile e presente, tacere, fare pause in silenzio, lasciare da parte i pregiudizi, adottare una postura adeguata, non giudicare rimanendo neutri, prendere appunti, riformulare, stimolare e fare domande (per verificare di aver capito, dedurre conseguenze logiche da ciò che è stato detto, creare un clima di disponibilità all’ascolto e comunicare all’altro che si sta facendo uno sforzo di comprensione.

Qualche suggerimento

  1. Essere brevi e concisi
  2. Essere chiari
  3. Usare un linguaggio semplice
  4. Servirsi di esempi concreti
  5. Evitare frasi stereotipate, consigli non richiesti, giudizi
  6. Porre delle (buone) domande
  7. Rispondere alle domande (dare feedback)

Feedback

Può essere considerato un fattore di controllo della comunicazione, perché consente di verificare l’effetto che i messaggi producono su chi li riceve.

Il feed-back positivo è un messaggio di conferma: “tu esisti e sono d’accordo con te”

Il feed-back negativo è un messaggio di negazione o di critica: “tu esisti, ma non sono d’accordo con te”

La disconferma è un tipo patologico di comunicazione perché risponde senza prendere in considerazione l’altro. In sostanza significa: “tu non esisti”.

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